Dino Betti Van Der Noot allo Spazio Teatro No’hma

 

Mercoledì 22 e giovedì 23 marzo Dino Betti Van Der Noot dirigerà la sua orchestra allo Spazio Teatro No’hma di Teresa  Pomodoro, via Orcagna 2, Milano, nell’ambito della Stagione 2016-2017, dedicata all’Energia.

Nei due concerti (che avranno lo stesso programma) saranno eseguite  le composizioni dell’artista di Rapallo che faranno parte di un album in uscita la prossima estate, oltre ad un paio di brani del passato.

Il titolo del disco sarà anche quello dei concerti: “Où sont les notes d’antan?”.

L’orchestra sarà ad organico completo e i principali solisti saranno (li citiamo in ordine strettamente alfabetico): Gianluca Alberti (contrabbasso), Luca Begonia, (trombone), Stefano Bertoli (batteria),  Niccolò Cattaneo (organo Hammond), Sandro Cerino (sax), Luca Gusella (vibrafono), Gianpiero LoBello (tromba), Alberto Mandarini (tromba), Tiziano Tononi (percussioni), Giulio Visibelli (sax e flauto), Vincenzo Zitello (arpa).

Vista l’importanza che Dino Betti riveste nel panorama jazzistico non solo nazionale, questi concerti si preannunciano di estremo interesse in quanto sarà possibile ascoltare , per la prima volta, i brani che formeranno il nuovo album che, come si accennava, uscirà in estate. Album che sicuramente sarà di eccellente livello in quanto nel corso della sua carriera Dino Betti mai ha sbagliato un colpo, immettendo sul mercato delle produzioni discografiche sempre originali e di grande impatto… e c’è da scommettere che anche questa volta la regola non conoscerà eccezioni.

I concerti inizieranno alle 21; l’ingresso sarà gratuito, ma necessaria la prenotazione

Una Guida all’ascolto – concerto con Mingo e Carucci

Officine San Giovanni, martedì 7 marzo, ore 19:15

Nicola Mingo, chitarra
Ettore Carucci pianoforte

Foto di Fabrizio Sodani (cliccare sulle foto per espanderle)

Guida anomala per vari problemi tecnici quella di martedì scorso, tra cui alcuni che hanno impedito purtroppo a Gerlando Gatto di proporre l’ascolto di brani della tradizione jazzistica alternati ai live sul palco delle Officine San Giovanni. Non ci si è persi d’animo e prontamente Nicola Mingo ed Ettore Carucci hanno trasformato in concerto live l’intera ora e mezza prevista dal programma.
Musiche di Wes Montgomery (era questo l’argomento della terza guida all’ascolto alle Officine) ma anche brani originali di Mingo, il duo ha mostrato di avere una coesione notevole, e con grande professionalità è riuscito a catalizzare l’attenzione del pubblico (anche stavolta la sala era sold out) nonostante i diversi guai dell’impianto tecnico. E’ per merito dell’energia, della musicalità e della disponibilità di questi due musicisti che i suddetti problemi sono passati in secondo piano:  fluidità e inventiva nel fraseggio bop per Mingo, grande creatività nell’improvvisazione di Carucci, sempre più bravo, non sono mai venuti meno lo swing, l’interplay, la capacità di proporre e di reinterpretare in maniera originale brani celeberrimi come Road Song o Gjingles, ma anche di presentare “nuove creature” in stile come My Bop  o Black Horse.
Gerlando Gatto è riuscito con pochi interventi a tenere saldo il filo conduttore della serata. Per i prossimi martedì l’impianto sarà a posto: molte le sorprese previste da qui a maggio!

Due concerti in Turchia per Sonic Latitudes Four Elements, la formazione guidata da Marco Di Battista e Franco Finucci

Sonic Latitudes Four Elements
Franco Finucci: chitarra
Marco Di Battista: pianoforte
Giorgio Vendola: contrabbasso
Roberto Desiderio: batteria

Istanbul, Teatro della Casa d’Italia – mercoledì 22 marzo 2017, ore 19
Ankara, Metu Art Festival – giovedì 23 Marzo 2017, ore 20

Sonic Latitudes Four Elements, il gruppo di estrazione jazz fondato dal pianista Marco Di Battista e dal chitarrista Franco Finucci, sarà impegnato in una breve e importante tournée in Turchia nel mese di marzo.

I palcoscenici che vedranno protagonisti i quattro musicisti sono di assoluto rilievo. Il primo concerto si terrà mercoledì 22 marzo ad Istanbul, presso il Teatro della Casa d’Italia, e si prosegue poi, il giorno successivo, con l’esibizione nell’ambito del prestigioso Metu Art Festival di Ankara, giunto alla sua diciottesima edizione. Il breve ciclo musicale del gruppo è stato promosso dal CIDIM in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Istanbul. (altro…)

“Jazz da Gustare” apre i battenti con Moroni e Ionata

 

Di Amedeo Furfaro

Un inverno da “jazzare” (in dialetto locale indica fare freddo) ma con poco jazz dal vivo in terra bruzia. Meno male che, con la primavera alle porte, è arrivata “Jazz da Gustare”, seconda edizione della rassegna presso il Teatro Piccolo di Castiglione Cosentino, paesino affacciato sopra il Crati, in cui confluisce il Busento, dove riposerebbe la presunta tomba del non presunto condottiero Alarico.

La direttrice artistica Maria Letizia Mayerà ha ben pensato di inaugurarla col duo piano/sassofono formato da Dado Moroni e Max Ionata.

Seguiranno il 25 marzo il quintetto di Pietro Condorelli Jazz Ideas And Song. Infine il 22 aprile sarà la volta del Fabrizio Bosso Quartet.

Una partenza a base di buon jazz italiano, per una formula già sperimentata con successo che prevede di fornire allo spettatore nello stesso biglietto sia il concerto che la cena nel bistrot del teatro. Gusto musicale e gusto nel senso di palato abbinati per una intensa anteprima di jazz e ricca cena di mezzanotte anche se, dal canto nostro, avremmo preferito un aperitivo rinforzato e un bel concerto post prandium. De gustibus, è il caso di dire.

Ma andiamo alla musica. Dichiaratamente si è presentato al pubblico calabrese un progetto, Two For Stevie, nato poco più due anni fa con l’omonimo disco edito da Jando/ViaVeneto Jazz (Millesuoni) che seguiva Two For Duke, della stessa label.

Un lavoro ben rodato, con un concerto alla Casa del Jazz recensito nel 2015 su questa rivista da Daniela Floris.

Di fatto la serata ha registrato in scaletta anche brani del precedente album su Ellington, annodando un inedito fil rouge fra Wonder ed il Duca.

Che poi trova riferimenti anche nella testimonianza dello stesso Moroni, riferitagli dal contrabbassista Jimmy Woode, con cui ha collaborato, nel senso che Duke apprezzava il talento di Stevie, che a sua volta non poteva non ammirare il grande bandleader. Due dischi già ascoltati. Ma nel jazz si sa, la musica cambia, non è mai uguale a se stessa, specie se la si fa su di un palco, senza i limiti della sala d’incisione, dei tempi talora stretti da esigenze di registrazione.

E c’è il fiato del pubblico a stimolare variazioni all’improvviso, incipit, finali, persino gli stop…ad esaltare le qualità dei musicisti in azione. Sarà pure il bello della diretta ma non solo.

Eccole, le qualità, tangibilmente rappresentate in The Secret Life Of Plants resa con vasta tavolozza di colori, registri timbrici variopinti, l’immanenza di una traccia melodica mai soffocata dai virtuosismi.

La parentela delle cover di Stevie Wonder col jazz emerge con prepotenza.

C’è la comune base del blues, che del resto avvicina Louis Armstrong a Jimi Hendrix, Elvis Presley ai Rolling Stones. Ma Wonder ha un’anima jazz oltre che soul, funky, bluesy nella voce, negli strumenti che suona, tastiera e armonica. E nel comporre. Ed è qui, nella fusione calda degli elementi, la complessità dell’operazione, non la sua semplificazione.

Non è un caso che il titolo di un vecchio album del 1962 sia The Jazz Soul Of Little Stevie mentre A Tribute To Uncle Ray dedicato a Ray Charles evidenzi, nella black music, uno dei suoi principali precedenti stilistici. Ed è noto ancora come Wonder abbia composto Chan’s Son con Herbie Hancock e lo abbiano ripreso in tanti quali Freddy Hubbard, Art Pepper, Sonny Rollins, Bobby McFerrin tanto per fare qualche timido esempio. La sua Isn’t She Lovely, presente in manuali di jazz standard, a cura dei nostri impavidi è stata sottoposta ad una riarmonizzazione rallentata per tratteggiarvi una atmosfera bluesy, con un piano alla Errol Garner, per un brano che pare nato cinquant’anni prima. Il sax di Ionata ha smalto anche in Don’t You Worry Bout A Thing dove ricorre ai suoi tipici salti di ottava nell’esposizione del tema; pare, a momenti neroamericano, anzi parkeriano, quando velocizza in chiave bebop, per poi stemperare la vis creativa in leggere frasi sonore. Il pianista dal canto suo omaggia Oscar (il nome di suo figlio) Peterson, che è uno dei lati di Dado; un altro, non irrilevante, è la metronomica cadenza ritmico/percussiva, alla McCoy Tyner, che un paio di sue performances al contrabbasso mettono in mostra, oltre ai cambi di tempo e ai contratempo che si insinuano dolci in una tastiera su cui fa uso intelligente delle tante frecce al proprio arco (pedali, acciaccature stride, accordi policromici, dodecafonismi, carezze alle corde del piano etc.).

Per la cronaca, musicale s’intende, You Are The Sunshine Of My Life diventa nelle mani della coppia uno swing dal mood ellingtoniano mentre, a ribadire la paternità musicale putativa di Duke, arriva, magistralmente eseguita, Daydream seguita da Satin Doll.

Non manca I Wish con un Max al maximum della concentrazione sullo strumento per sostituire il canto di Stevie e una particolare Overjoyed un po’ alla Brubeck in 5/4.

Il concerto double face, omaggio a due artisti di grande pop/ularity, si completa in due distinti medley finali degli autori celebrati. I numerosi astanti, dopo In My Solitude, sulle note di Perdido e Caravan battono le mani a tempo. E’ il segnale che la musica è arrivata a segno. Il disco, i dischi vanno bene, ci mancherebbe, specie se si vive in periferia. Ma il concerto ti comunica qualcosa in più. E’ lo spirito del jazz. E dei jazzisti che sanno suonarlo.

 

 

An Italian Tale: Cicero e Troja in concerto a Catania

Continuano gli affascinanti concerti del duo fagotto e pianoforte. Dopo Messina e Cosenza, sabato 11 marzo presentano il loro nuovo album al Fuorischema 2017
 
AN ITALIAN TALE
Antonino Cicero e Luciano Troja in concerto!
 
Sabato 11 marzo 2017
h. 21.00
Fuorischema 2017
Sala Magma
via Adua, 3
Catania
 
Ingresso gratuito
Prenotazione consigliata:
095.444312 – 3491084840 – 3333337848
 
 
Nuovo appuntamento per An Italian Tale di Antonino Cicero e Luciano Troja! Dopo i concerti a PalermoMessina Cosenza sabato 11 marzo per la rassegna Fuorischema 2017 Catania i due musicisti messinesi porteranno dal vivo questo eccezionale album pubblicato da Almendra Music. An Italian Tale sta raccogliendo svariati apprezzamenti dalla stampa come TV Sorrisi e CanzoniL’Isola della Musica ItalianaAlias – il Manifesto e molte altre; proprio per la sua riconosciuta qualità è stato scelto per aprire la rassegna Fuorischema 2017 – che si compone di vari appuntamenti tra seminari, conferenze e presentazioni tra marzo e novembre. An Italian Tale è una ricerca in musica tra le storie e le canzoni di Giovanni D’Anzi, che sono state lo spunto ispiratore per due musicisti diversi per estrazione e provenienza ma affini per curiosità, intraprendenza, preparazione e fantasia. Cicero e Troja hanno trovato in un nucleo di canzoni di D’Anzi un territorio da esplorare reinventando – si tratta di musiche originali scritte da Troja – il rapporto tra jazz e melodia italiana, equilibri classici e songbook, per condurre l’ascoltatore tra atmosfere, suggestioni e fantasie del secolo scorso, verso un oggi possibile.
 
“In questa galleria c’era una volta un re: Giovanni D’Anzi. Scrisse magiche note, e la più dolce serenata la cantò per Milano”. Così recita la targa commemorativa dedicata a Giovanni D’Anzi (1906-1974) in Galleria del Corso a Milano. Un omaggio della sua città all’autore di Madunina e di alcune tra le più famose canzoni della nostra storia: pensiamo a Ma l’amore noBellezza in biciclettaVoglio vivere cosìMa le gambe, entrate subito nel canone della canzone italiana, in un periodo storico in cui una dittatura finiva e il dopoguerra avviava una modernità “americana”, improvvisa e incompiuta. Il cinema, le canzonette, la radio, i vinili, la gommalacca e il Campari, e Milano, l’Italia, le bellezze e le biciclette, memorie di un’Italia che non c’è più, che in quella musica trovava respiro e rinnovamento senza smarrire le proprie peculiarità. A tutto ciò si ispira il nuovo lavoro prodotto e pubblicato dalla factory palermitana Almendra Music: una suggestione musicale, sociale e culturale che diventa un esperimento strumentale, artistico, umano. È una strana coppia, quella fagotto e pianoforte, una felice e originale anomalia che fa da chiave di volta dell’intero album: Luciano Troja è un compositore e pianista jazz di fama internazionale (non è raro trovarlo su All About Jazz USA, Cadence o Stereophile, o vederlo dal vivo a New York), Antonino Cicero è un fagottista tra i più attivi e preparati in area classica. I due hanno trovato nella melodia, nella cantabilità, nella narrazione strumentale il punto di incontro che rende An Italian Tale, per usare le parole dello stesso Troja, “una specie di colonna sonora di un film immaginato, legato a un periodo storico, magari girato in bianco e nero”.
 
Ricorda Cicero: «La cantabilità del repertorio swing della canzone italiana anni ’30 e ’40 mi attrasse subito. Da lì venne l’ispirazione che il fagotto potesse benissimo suonare, anzi “cantare”, quelle melodie retrò, ricche sì di swing, ma al tempo stesso classiche nell’impostazione del canto, accompagnate da eleganti orchestre che riecheggiavano e rielaboravano all’italiana lo swing di quegli anni. Da questa scoperta e dalla ricerca che ne seguì, capii che la canzone italiana di quegli anni univa naturalmente le tradizioni classiche e belcantistiche con il jazz, e mi venne in mente di proporre a Luciano questa “forma” come punto di partenza, materia musicale da condividere per suonare insieme». Aggiunge Troja: «Quando Antonino mi ha parlato di un approfondimento sulla canzone italiana del periodo fascista e dell’immediato dopoguerra, non me lo sono fatto ripetere due volte. Sia per l’interesse naturale per questo repertorio, sia perché Antonino è uno splendido musicista, curioso, e soprattutto molto attento alla melodia. Amando molto le opere monografiche, mi è sembrato naturale proporgli di partire dalle canzoni di D’Anzi, tuttavia era molto più intrigante non semplicemente rielaborare le canzoni o riarrangiarle per improvvisarci sopra. Molto meglio scrivere dei brani nuovi che si ispirassero a D’Anzi, a quell’epoca, a un certo nostro modo di sentire la melodia, tutto italiano, rivolto istintivamente oltreoceano ma destinato a guardarsi dentro, con i nostri inevitabili cromosomi melodrammatici. Ho avuto la possibilità di scrivere un album di temi originali, e quindi realizzare insieme ad Antonino un disco dove l’esposizione della melodia è l’elemento preponderante: pensare che queste melodie fossero “cantate” al fagotto (perché Antonino lo fa cantare il suo fagotto), era l’altro importante motivo che mi entusiasmava».
 
Info:
 
Almendra Music:
 
Luciano Troja:
 
An Italian Tale su Bandcamp:

C’è cover e cover. La rivelazione della U.T. Gandhi & Coleto Blues Syndicate

Foto di Elisa Caldana

 

Foto di Elisa Caldana

Agriturismo Tonutti, Tavagnacco, Udine
25 febbraio 2017, ore 1330

Patrizio Forgiarini Coleto voce
Emiliano Visentini basso.
Paolo Rovere chitarra.
Stefano Natali chitarra
U.T. Gandhi batteria

Questa storia comincia con un gentile invito rivoltomi da alcuni amici romani e friulani a partecipare alla festa che l’Agriturismo Tonutti, a Tavagnacco, in provincia di Udine, ha organizzato per festeggiare i primi dieci anni di attività. Tonutti ospita, come se stessero in famiglia, musicisti, produttori, addetti ai lavori durante i loro soggiorni mentre si registra nell’ormai leggendario studio di Artesuono di Stefano Amerio.
L’atmosfera è di certo quella giusta, vini deliziosi e squisitezze gastronomiche locali ci sono tutti e in abbondanza. Si attende l’arrivo della band che allieterà il festeggiamento con musica dal vivo, come in ogni festa che si rispetti.
U.T. Gandhi, notevole batterista che gli appassionati di Jazz conoscono molto bene ammonisce: tra poco si comincia, ma il cantante, Patrizio, deve aspettare il suono della campanella, dato che fa il bidello nella scuola del paese, il chitarrista, Paolo, fa il falegname e deve finire un lavoro, e arriva al più presto. Un chitarrista manca, Stefano: lui fa l’elettricista, oggi lavora e non può svincolarsi dai suoi impegni. Il bassista, Emiliano, è arrivato. Lui fa “anche” l’ingegnere in regione Friuli. II leader è lo stesso Gandhi, alla batteria, ovviamente: lui si autodefinisce “batterista piastrellista”, per l’attività principale di famiglia, si intende.
Penso tra me, beh carina questa cosa, dai, un bel sottofondo musicale per di più con un batterista così (io lo conosco come musicista più che come piastrellista, n.d.r.) sarà piacevole, chissà cosa suoneranno.
Poi, non ci penso più di tanto, fino a che non li vedo comporsi nel loro spazio preposto.
Il cantante Patrizio Forgiarini Coleto arriva e stende davanti alla propria postazione un tappeto colorato: a vederlo è un personaggio, certamente. Esordisce sibilando “aspettiamo che monti il vino”, mentre si accordano gli strumenti. Stefano Amerio in persona sistema i microfoni. Si fa un brindisi prima della performance. Io chiacchiero un po’ con Elisa Caldana ed Ermanno Basso, Cam Jazz, anch’essi tra gli invitati di Marzia Tonutti, fino a quando non parte la musica.
All’attacco salto immediatamente sulla sedia: una voce incredibile, funky come non mai, mi aggancia irrimediabilmente da quel momento e per quasi tre ore. E con la voce la chitarra, il basso e, naturalmente la batteria: ora capisco perché Gandhi suona con loro, e con quella che non posso che definire “felice allegria”, ma anche con quella evidente, cristallina sincerità che contraddistingue un musicista quando si diverte a suonare e lo fa con tutta la passione di cui è capace.
Un repertorio di mostri sacri del blues, del funky, del rock, del rythm& blues: Jimi Hendrix, James Brown, B.B.King,  e molti altri ancora, interpretati da una band pazzesca, carica di energia, di personalità. Cover? Sì cover, certo. Ma raramente capita di ascoltare cover così trascinanti, convincenti, vive di una forza così deflagrante.
Quante volte avviene, davanti a situazioni simili, di compiere, per forza di cose, un confronto che risulta impietoso, sia nel caso la band replichi pedissequamente l’originale, sia nel caso ci sia l’intento un po’ presuntuoso di “rileggere” “reinterpretare” geni della musica che sono non replicabili né superabili?
La voce di Patrizio Forgiarini Coleto è una voce che rimane impressa, dal timbro graffiante, potente, personalissima. Il suo senso ritmico impeccabile, così come l’intonazione, del resto. Per non parlare di come riesca a tenere il palco: è bravo, ed è ironico, per di più. Non si tratta solo di essere un personaggio: Forgiarini Coleto è assolutamente inimitabile come interprete. Il trio che lo accompagna ha una tale musicalità, una tale carica di energia che non si è potuto far altro che ascoltare elettrizzati quasi tre ore di musica, ballando, godendo oltretutto della gioia dei musicisti, contagiosa, così come accade quando sul palco ci sono professionisti della musica.
Tanto che a fine concerto ho detto a me stessa: oggi sono stata fortunata. Ho ascoltato un gran batterista, UT Gandhi, un cantante strepitoso, un bassista e un chitarrista coesi e pieni di energia che hanno non solo accompagnato ma creato il groove giusto… quello che fa ballare.
Tutti insieme hanno suonato con il cuore. Ecco il segreto: suonare con il cuore, poiché non basta essere bravi. A dire il vero non basta nemmeno il cuore da solo, perché comunque per fare un concerto simile bisogna essere molto bravi.
E allora mi rivolgo ai puristi che storcono la bocca di fronte al termine “cover band”, a prescindere,  – e spesso lo sono stata io per prima, dunque mi rivolgo anche a me stessa –   e dico a tutti noi come si dice a Roma: “Viecce te”. Viecce te a suonare come la U.T Gandhi & Coleto Blues Syndicate.
E soprattutto dico anche “Viecce te” a fare il bidello alla scuola elementare del tuo paese quando hai la musica nel sangue come ce l’ha Patrizio Forgiarini Coleto, e con quella gioia, per di più.  E a suonare in quel modo facendo “anche” il falegname come Paolo Rovere, l’elettricista come Stefano Natali, l’ingegnere in regione Friuli come Emiliano Visentini, e (passiamogliela, va)  il piastrellista, come U.T. Gandhi.
Auguro a tutti i miei lettori di ascoltare almeno una volta la U.T. Gandhi & Coleto Blues Syndicate. E la cosa sarà possibile, perché sono talmente convincenti e trascinanti che Artesuono, ovvero Stefano Amerio, li registrerà live in giugno, per realizzare un cd. Ogni tanto le fiabe si avverano.