Il Jazz ai tempi del Coronavirus le nostre interviste: Franco D’Andrea, pianista e compositore

Intervista raccolta da 

Franco D’Andrea, pianista e compositore

Come stai vivendo queste giornate?
“Ne approfitto per fare un po’ d’ordine nelle mie cose. Ad esempio sto dando uno sguardo ai molti dischi che ho fatto, circa 200. Ci sono dei dischi che ho fatto con Nunzio Rotondo, che risalgono ai primi anni in cui io mi ero dedicato professionalmente alla musica, avevo 22-23 anni, quindi siamo nel ’63, ’64 fino ad arrivare al ’68. Erano tutta una serie di registrazioni che avevamo fatto per la RAI e che poi sono state edite su disco. Ho constatato come alcune date non fossero molto precise ma soprattutto mi sono riascoltato e devo dire che probabilmente non me la cavano niente male. Lui, Nunzio, mi dette subito credito e questo è stato molto simpatico da parte sua… ho sempre un bel ricordo. In molti pezzi c’era anche come ospite Gato Barbieri. Tornando al presente proprio in questo periodo è uscito il mio ultimo lavoro “New Things”, con Mirko Cisilino tromba e cornetta e Enrico Terragnoli chitarra elettronica e riascoltandolo cercavo di capire meglio come era venuto… e tutto sommato mi sembra che sia venuto piuttosto benino. Poi ogni tanto vado al pianoforte e architetto delle cose”.

-Come ha influito la situazione attuale sul tuo lavoro? E pensi che in futuro sarà lo stesso
“Guarda il lavoro si è praticamente fermato, annullato. Noi musicisti siamo fermi completamente, tutte le date che c’erano sono svanite, non si sa se e quando verranno recuperate e vediamo un po’ perché la situazione economica in generale non sarà delle più floride. Sperando sempre di uscirne fuori da questa tragedia. In questo momento io sono a Milano e questa città, stranamente, è diventata il centro della situazione nel senso che in Lombardia la diffusione del virus prima si è incentrata su Codogno, Casal Pusterlengo… qualcosa in Veneto… poi si è andati a finire su Bergamo, su Brescia e adesso è il turno di Milano; facciamo un po’ la parte di New York in questo momento. Non è una linea che va dritta in su, comunque non va bene come il resto della Lombardia e negli ultimi dieci giorni è stato davvero terribile. E allora mi sono detto: io sono nato nel ’41 e quindi, praticamente, in mezzo alla guerra ma di quella tragedia ho sofferto poco in quanto sono nato a Merano, una città ospedaliera che proprio per questo mai è stata bombardata; perciò continuavo a chiedermi ‘ma quando la pagherò, data la sfortuna sfacciata che ho avuto durante la guerra?”. Eccomi, la sto pagando adesso assieme a migliaia di altre persone”.

-Come riesci a sbarcare il lunario in questo periodo?
“Questa è davvero una bella domanda. Finché durerà io ho una pensione e quindi in qualche modo riesco ad andare avanti. Ecco ti dico che la pensione di aprile è arrivata, poi vedremo maggio e constateremo in che forma arriveranno queste cose. Praticamente è l’unico introito che ho. Ho visto, poi, che ci sono alcune agenzie specializzate nel recupero di prestazioni che si erano fatte che hanno prodotto qualcosa per i musicisti anticipando alcune scadenze e addirittura hanno dato qualcosa, una tantum che aiuta comunque ad andare avanti”.

-Quale ente ti eroga la pensione?
“Come tutti i musicisti prima eravamo Enpals ora siamo tutti Inps. Comunque ciò che mi ha permesso di avere una pensione decente è stato il periodo lungo che ho fatto in Conservatorio, tredici anni al Conservatorio di Trento. Lì ho accumulato parecchi contributi che mi hanno permesso di arrivare, ripeto, ad una pensione decente”.

-Vivi da solo o con qualcuno? E quanto ciò risulta importante in questo delicato momento?
“Vivo con mia moglie, siamo in due. I figli vivono da un’altra parte ma ci diamo sempre una mano. Ogni settimana, ad esempio, ci portano un po’ di roba… una spesa grossa che duri per tutta la settimana… ci organizziamo in questa maniera e andiamo avanti così”.

-Pensi che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?
“Spero di sì nel senso che spero vada avanti questo sentimento per cui possiamo farcela solo se andiamo avanti insieme, ognuno dà una mano per quello che può dare, e sarebbe davvero bellissimo, importante non smarrire questo spirito”.

-Credi che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?
“Assolutamente sì. La musica, almeno per me, è un grosso aiuto, una risorsa grandiosa, che mi permette di continuare a pensare a qualcosa cui sei profondamente legato quindi un legame profondo con il passato e allo stesso tempo una sorta di proiezione verso il futuro”.

-Se non la musica a cosa ci si può affidare?
“Questa è un’altra bella domanda. Secondo me a pensare a qualcosa per il futuro; nella tua domanda di prima c’era già implicito questo discorso nel senso che dobbiamo veramente escogitare un modello di convivenza più adatto ai tempi e più adatto all’umanità”.

-Quanto c’è di retorica in questi continui richiami all’unità?
“Una parte di retorica ci può anche essere ma in fondo, in questo momento, il discorso di avere un minimo di comprensione l’uno per l’altro mi sembra assolutamente giusto e condivisibile. Bisogna pensare che in questo momento siamo attaccati da qualcosa, da questo virus che non guarda in faccia niente e quindi è opportuno darci una mano, comprenderci più di prima e questo forse potrebbe essere, se rimanesse, il lato positivo di tutta la faccenda. Capisco benissimo la dialettica su tante cose ma credo che in ogni modo occorra capirsi, ci vuole dialogo. C’è al riguardo una parola chiave per me: rispetto; mai puoi sapere se tu veramente hai ragione e l’altro ha torto; tu hai accumulato delle conoscenze e hai concluso che nella vita ti comporti in una certa maniera, ma tutto è da riguardare, da rivedere e in ogni caso noi dovremmo sempre essere pronti al dialogo, che è figlio del rispetto. Voglio dire cerchiamo una sintesi, cerchiamo di approfondire, cerchiamo di capire se anche in questa ideologia che non condividiamo può esserci qualcosa di buono”.

-Sei soddisfatto di come si stanno muovendo i vari organismi di rappresentanza?
“È difficile rispondere. Non abbiamo la controprova, non sappiamo se qualcun altro avrebbe potuto fare meglio o peggio. Per il momento mi sembra che tutto sommato, con gli enormi problemi che secondo me vengono anche dal passato, e sto parlando non solo dell’Italia ma dell’Europa e più in generale della mentalità che ha pervaso tutto il mondo occidentale, il fatto di mettere il denaro al centro di tutto come se fosse un dio e mettere in sottordine tutto il resto… questo non è granché, tutto sommato si sta pur facendo qualcosa”.

-Se avessi la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederesti?
“In questo momento sicuramente chi è là sta lavorando, cerca di fare il meglio possibile. Poi, come dicevo prima, non sappiamo se qualcuno avrebbe avuto delle idee più brillanti. Io chiederei molto semplicemente di essere più vicini a tutti i membri di questa società. Anche in questo caso voglio ripetermi: cerchiamo di darci una mano l’un l’altro, cerchiamo di comprenderci e chi decide sappia che ha una grandissima responsabilità e quindi cerchi di fare il meglio possibile per tutti noi”.

-Hai qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?
“C’è un vecchio disco di Charles Mingus che io amo particolarmente e che secondo me è passato in secondo ordine, non viene molto citato, “Tijuana Moods” del 1957. Ecco questo disco, secondo me, aiuta parecchio”.

Gerlando Gatto

Il Jazz ai tempi del Coronavirus le nostre interviste: Claudio Fasoli, sassofonista

Intervista raccolta da Gerlando Gatto

Claudio Fasoli, sassofonista

-Come sta vivendo queste giornate?
“In questi giorni molto particolari penso e vivo rendendomi conto che siamo immersi in qualcosa che mai avevamo avuto occasione di vivere così intensamente; forse era successo ma mai con questa intensità e necessità, come quella di stare chiusi in casa, Ricordo confusamente altre situazioni ma mai erano tali da entrare così violentemente nel quotidiano. Sembra che il tempo si sia fermato, che nulla succeda, che gli autobus pian piano si fermeranno, le strade siano già vuote: oggi ad esempio ho visto dal balcone di casa 3 macchine ad un semaforo ed erano settimane che non mi succedeva. Tutto il quotidiano è stato cancellato fuori di noi e anche il dentro vacilla un po’”.

-Come ha influito tutto ciò sul suo lavoro? Pensa che in futuro sarà lo stesso?
“Onestamente debbo dire che mi mancano un po’ le prove, il palco, gli allievi, la mia musica suonata insieme… sono stati cancellati concerti, stage, incontri, prove, ecc…  e il danno economico non è trascurabile. Però per fortuna sto bene e quindi questa è la cosa più importante”.

-Come riesce a sbarcare il lunario?
“Lavoro da una vita e ho cercato di organizzarmi”.

-Vive da solo o con qualcuno? E quanto ciò risulta importante?
“La fortuna è vivere accanto ad una persona vivace e intelligente che è mia moglie, quindi la casa è condivisa e anche il resto. Naturalmente lo ritengo un privilegio dato che ho vissuto a lungo anche solo ed è molto diverso”.

-Pensa che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?
“Credo che nulla cambierà. Tutti attendiamo di ritornare al “come prima” perché è già noto e tranquillizzante, cambiare vuole dire affrontare un qualcosa d’ignoto e ciò può esser vissuto come destabilizzante. È vero che potrebbe essere una opportunità ma non la vedo possibile dato che tutti pensiamo ad un “ideale” diverso e quindi siamo tutti pronti a disilluderci se le nostre aspettative non si realizzano. Sarebbe necessario che si affrontassero cambiamenti strutturali insieme. Dare valore alla cultura e al rispetto reciproco sarebbe già un cambiamento culturale sostanziale, non solo in Italia…”.

-Crede che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?
“Tutti noi musicisti abbiamo con la Musica un rapporto esistenziale quotidiano e certamente la Musica per noi ha un valore catartico. A me aiuta molto l’ascolto e lo studio, il rapporto con lo strumento e con il pentagramma, la Classica e il Jazz nelle loro espressioni più coinvolgenti. Sono felice che tutto ciò sia disponibile e questo mi mantiene viva l’energia e la fiducia anzi la sicurezza di guardare avanti a prossimi progetti, a prossime realizzazioni, a prossimi sogni, a prossimi incontri con altri suoni, con altri pensieri musicali. A tutti i fruitori della Musica penso che possa senz’altro dare forza, fiducia, consolazione, entusiasmo”.

-Se non alla musica a cosa ci si può affidare?
“Credo che ognuno di noi abbia dentro di sé la sua “Musica” alla quale affidarsi. Credo cioè che sia il caso di guardarsi schiettamente dentro per trovare quanto desideriamo realizzare o semplicemente vivere come potrebbe essere un grande innamoramento o una grande ambizione: può essere un figlio, può essere una carica, un titolo, una casa …”.

-Quanto c’è di retorica in questi continui richiami all’unità?
“Penso sia un modo per invitare al rispetto reciproco, ad avere atteggiamenti responsabili perché da ciascuno di noi dipende la salute di tutti. Per qualcuno i richiami all’unità rimarranno retorica”.

-È soddisfatto di come si stanno muovendo i vari organismi di rappresentanza?
“Non è facile decidere in mezzo a questo bombardamento mediatico: ogni mossa o decisione viene subito divorata dalle tigri e quindi non invidio nessuno di coloro che hanno quelle responsabilità. Penso che abbiano fatto il meglio possibile, chi in buona fede chi in malafede”.

-Se avesse la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederebbe?
“Il Jazz ha già fatto molta strada a livello istituzionale grazie al Midj (Musicisti Italiani di Jazz) che lo rappresenta ma molta altra rimane da fare perché il Jazz venga riconosciuto come valore e risorsa. Proporrei cose già ampiamente realizzate in altri paesi europei. Chiederei di sostenere la Musica Jazz come fonte inesauribile di creatività, di pensiero alternativo, di produzione di “nuovo” “.

-Hai qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?
“Per la mia formazione sono stati importanti alcuni musicisti nella storia infinita del Jazz: i primi 12 nomi cominciano con Miles Davis e proseguono con Lee Konitz, Wayne Shorter, John Coltrane, Elvin Jones, Paul Chambers, Brad Meldhau, Tony Williams, Antonio Vivaldi, Johann Sebastian Bach, Claude Debussy, Maurice Ravel, ma non è una classifica e non finisce qui… E poi suggerisco i miei dischi!”.

                                                                                                                   Gerlando Gatto

Il Jazz ai tempi del Coronavirus le nostre interviste: Renzo Ruggieri, fisarmonicista

Intervista raccolta da Gerlando Gatto

Renzo Ruggieri, fisarmonicista – ph: Bruno Severini

-Come sta vivendo queste giornate?
“Le giornate di lezioni non sono cambiate molto, utilizzo Skype da diversi anni e la procedura ormai è consolidata. Non tutti gli studenti però si sono convertiti al web e molti non hanno un’attrezzatura adeguata. Lo studio personale si è invece ridotto nonostante il maggior tempo a disposizione; è paradossale quanto la motivazione (il salire sul palco) influenzi anche il tempo dedicato allo strumento. Dovrei seguire l’onda del postare video sui social ma proprio non mi riesce di buttare “tutto a tutti”. In compenso sto completando molto materiale sospeso che forse non avrei mai finito. Nel quotidiano invece dormo di più, dedico più tempo ai figli e riesco anche a vedere qualche buon film”.

Come ha influito tutto ciò sul suo lavoro? Pensa che in futuro sarà lo stesso?
“Ho perso tutti i tour italiani ed esteri, tutti i festival sono fermi o in standby, ho perso tutti i concerti fino a giugno e quelli estivi sono “in forse”; aggiungo che un quarto delle lezioni private sono saltate. Sono divorziato, con tre figli, un mutuo e un gatto. Non sarà facile ma “so accontentarmi anche di un semplice saluto” diceva una nota canzone e il futuro non mi spaventa”.

-Come riesce a sbarcare il lunario?
“Lezioni, lezioni, lezioni! Sto individuando “alternative” efficaci qualora il vaccino ritardasse, ma se il mondo non si è fermato con gli orrori della seconda guerra mondiale, vuole che avvenga per una “influenza”?”.

 Vive da solo o con qualcuno? E quanto ciò risulta importante?
“Oggi vivo con mio figlio di 15 anni; ci sosteniamo a vicenda per le faccende domestiche e nell’umore. Stare da soli comunque non dovrebbe spaventare gli artisti che esorcizzano le paure creando nuove opere”.

Pensa che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?
“Forse sì, ma ho poca fiducia nell’odierna società, tutta proiettata all’auto-soddisfazione. Il corona virus ci ha ricordato che non siamo immortali e che abbiamo un corpo da restituire prima o poi. La visione cattolica della vita inoltre mi induce a ritenere che una vera trasformazione possa avvenire soltanto tramite la spiritualità; pochi mesi però non sono sufficienti per questo. Le relazioni professionali invece le sento ancora conservative; ci si osserva, ci si racconta la storiella del virus cattivo e del governo ladro ma nulla è cambiato tranne che tutti suonano – gratis – sui social la stessa canzone: ‘Guardate quanto sono bello e quanto sono bravo’ “.

-Crede che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?
“L’arte è nata principalmente per dare piacere all’uomo e tutte le volte che gli artisti lo dimenticano falliscono. Ma l’arte non è la vita e come tale non la risolverà, pur agevolandone il percorso”.

-Se non la musica a cosa ci si può affidare?
“Mi ripeto, credo la spiritualità sia l’unica vera strada in grado di dare senso alla precarietà umana, enfatizzata da questa pandemia”.

Quanto c’è di inutile retorica in questi continui richiami all’unità?
“In epoca social, dove tutti “lucidano” la propria maschera, mi pare evidente che un po’ di retorica sia inevitabile e forse necessaria. Con il protrarsi della crisi però le cose potrebbero cambiare… auguriamoci il meglio”.

-È soddisfatto di come si stanno muovendo i vari organismi di rappresentanza?

“Rido!  Senza generalizzare le faccio una contro-domanda: “Ma di quali organismi parla”? Chiunque abbia incontrato in questo ambito ha finito per deludermi…. O troppo “interessato” o troppo poco “impegnato” o “incompetente”, o “egocentrico” o con troppo poche “risorse”. Mi creda gli artisti non sono in grado né di farsi rappresentare e né di rappresentarsi. Siamo pochi e in vendita per un applauso o per un contatto in più. Del resto quelli “puri” sono tutti morti poveri e una ragione ci sarà.
Le faccio un esempio: per questa crisi è stato previsto un contributo di qualche centinaio di euro per coloro che hanno fatto almeno “30” concerti regolari nell’anno precedente. Regola corretta in un ambito scorretto (sich). Chi l’ha pensata è evidente che non sale sul palco e non sa nulla di questo mondo.
Abbiamo un sistema burocratico che chiede – oggi nel 2020 – al musicista di “munirsi del permesso per suonare (agibilità)” con la conseguenza che tutti trovano strade alternative. Trenta concerti regolari significa un concerto ogni 10 giorni: troppo pochi per sopravvivere e troppi per essere in regola. Ecco la seconda contro-domanda: “A quali professionisti è rivolto il sussidio?” Beh! Rispondo da solo…
Gli “amatori” di giorno fanno i dottori, i commercialisti e via dicendo e non chiederanno il nulla perché non ne hanno bisogno.
Gli artisti “famosi” non perderanno tempo per 600 euro. Molti musicisti “insegnano” nelle scuole statali e non rientrano nei parametri. Rimangono i “professionisti” (che vivono di soli concerti) che spesso hanno un paio di concerti regolari al mese, pur facendone altri 10 irregolari e sottopagati.
Morale???  O questi organismi non esistono o non valgono nulla”.

-Se avesse la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederebbe?
“Il Ministero della Musica”.

-Hai qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?
“Questi sono i momenti in cui aprirsi alla bellezza di nuovi incontri musicali con ascolti “pacati” e “cool” come si dice oggi. Più che brani mi sento di suggerire artisti: Sofia Gubaidulina per la sua musica classica che nonostante le sonorità d’avanguardia, è in grado di portarti in cielo; il Tarkovsky Quartet per l’intensità e la profondità della loro musica tutto sommato semplice; la Jazz Bigband Graz per la loro interessante commistione con ambiti colti e con l’elettronica. Per la world music consiglio invece le performance dal vivo di Alexey Arkhipovsky (balalaika) – preferisco le più vecchie -. Quando sarete stanchi di novità un buon CD degli E.S.T. ritengo possa togliere la corona al virus. Se poi volete illudervi di aver capito molto, capendo poco, allora ascoltate la mia Opera? (punto interrogativo è incluso) in versione russa”.


Gerlando Gatto