Il Jazz ai tempi del Coronavirus le nostre interviste: Massimo Barbiero, compositore, batterista, percussionista

 

 

Foto di CARLO MOGAVERO

Intervista raccolta da Daniela Floris

 

-Come stai vivendo queste giornate?

Come tanti immagino, ma siamo tutti diversi ed è facile scadere in qualche luogo comune da talk televisivo pieno di buoni sentimenti che però si interrompono quando deve essere mandata la pubblicità.

 

-Come ha influito sul tuo lavoro?

Il lavoro ovviamente non c’è più, zero lezioni essendo tutto sospeso, la nostra è una scuola privata quindi l’applicazione delle lezioni online non è obbligatoria e francamente ci credo poco o nulla in quello strumento la didattica è fatta di rapporti umani.
Poi ci sono i concerti tutti saltati, come è saltato il festival d’Ivrea che organizziamo quest’anno era la 40° edizione ed il materiale era già tutto stampato… speriamo per l’estate ma la vedo complicata.

 

-Pensi che nel prossimo futuro sarà lo stesso?

Si dobbiamo dircelo, so che la maggior parte della gente non lo vuol sentire, ma meglio una dura verità che una pietosa bugia, in rete si vedono cose imbarazzanti, anche del nostro ambiente. Vorrei almeno non perdere la mia dignità. Quando cominci a mentirti poi comini a crederci davvero e dopo il risveglio è ancora più duro.

 

Come riesci a cavartela senza poter suonare?

Economicamente ? qualche risparmio… finché durano, comunque ho pochi vizi… non bevo, non fumo…mangio pochissimo…un asceta…

 

-Vivi da solo o con qualcuno?

Solo, con la mia gatta Morgana.


-E quanto ciò risulta importante?

Vivere solo ? per me non è poi così difficile. Ho perso mia madre a 14 anni e mio padre a 24… per me in un certo senso è la normalità. Non sto dicendo sia bello, né che sono così forte…è un dato oggettivo, forse mi manca il rapporto con gli allievi, quello sì.

 

-Pensi che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?

Dovrebbe, ma l’uomo difficilmente impara dai suoi errori: basta guardare la storia. In rete vedo tutti con stratagemmi vari provare a tirar su qualcosa ai danni di altri…mi piacerebbe che ci fosse tutto questo altruismo e questa ondata di buoni sentimenti. Si venderanno più colombe e uova Pasquali….ma non è così, lo vorrei …ma non è così, e dopo sarà sicuramente peggio, dobbiamo dircelo, prepararsi. Cercare almeno di non cedere con noi stessi.

 

-Credi che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?

A molti certamente, a me di sicuro,  è  per me è così da sempre. Il resto del mondo non so, sono 30 anni che la gente  deambula tra aperitivi, finte presentazioni di libri, tv spazzatura, una politica di gente senza Dei.  Se penso che Pasolini aveva visto tutto questo già negli anni Settanta, la cosa fa paura.

 

Se non alla musica a cosa ci si può affidare?

La scienza, la religione, la politica, l’arte erano le quattro ipotesi che Pasolini proponeva in Salò…ma alla fine morivano tutti.
Ma non voglio sembrarti troppo pessimista: c’è l’istinto, ti alzi e “fai le cose”, perché quella è l’unica risposta esistere, lasciare tracce, dare un senso anche alla propria sofferenza. Perché non è detto che sia inutile, anzi…

 

-Quale tuo progetto è rimasto incastrato in questa emergenza e vuoi segnalare?

C’è un nuovo solo, una registrazione con Enten Eller ma anche con Odwalla volevamo registrare, il cd appena uscito Woland…i progetti non mancano, ci sono fondamenta solide. E confido che saper portare, in quei progetti, questi momenti sarà fondamentale.

 

-Mi racconti una tua giornata tipo?

Ore 7 colazione, poi cyclette e ginnastica varia sino alle 9.45, un tè, poi scendo a studiare marimba. Alle 12 doccia pranzo , poi leggo, e alle 16 riprendo a studiare sino alle 19.  Cena e cyclette sino alle 22…quasi da monaco zen. Tutti i giorni.

 

-Se avessi la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederesti?

Niente, né a questo né a nessun governo. Mi conosci:  sai che sono d’Ivrea, che lavorai in Olivetti, che ero nel sindacato,  che ho assistito allo smantellamento di quell’azienda per fini politici (il secondo gruppo industriale italiano ancora oggi studiato nel mondo)…. conosco la politica.  Non c’è niente di buono, anche quando chi la fa crede alla propria buona fede. E’ un mondo che corrode, corrompe, avvelena.  Non c’è nulla, e io ho smesso di crederci da tempo, tanto tempo. Poi, la seguo, perché come si dice ”interessati di politica altrimenti la politica si interesserà di te”: si deve imparare a difendersi.
Forse si potrebbe chiedere a Franceschini se crede che la Cultura abbia ancora un senso in questo paese….e sempre se riesce a rimanere serio prima di rispondere.

 

-Hai qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?

Me lo hanno chiesto in molti, ma credo che la musica sia una questione molto intima.  Io passo dai mottetti di Bach diretti da Nikolas Harnoncourt, a John Coltrane,  dai Genesis a Joni Mitchell, da Art Ensemble of Chicago a Hindemith…

Il Jazz ai tempi del Coronavirus le nostre interviste: Leonardo De Lorenzo, compositore, batterista

Foto di Carlo Mogavero

Intervista raccolta da Daniela Floris

Foto di CARLO MOGAVERO

-Come stai vivendo queste giornate?

Sto vivendo con ansia per quel che riguarda lo sviluppo dell’epidemia, soprattutto per mio figlio che è molto delicato, una volta era proprio autoimmune. Oggi va meglio ma comunque questo momento mi fa paura. Di contro, sono abituato alle emergenze e a vivere nell’oggi, pur pianificando un domani, per cui la “detenzione” che tutti stiamo vivendo non mi disturba più di tanto. Insieme a Francesco abbiamo passato mesi in stanze ospedaliere in isolamento, in condizioni davvero difficili e in regioni in cui non avevamo nessuno. Stare a casa per qualche settimana, con tutti i comfort e la mia musica, sarà più che altro una “vacanza forzata”.

 

-Come ha influito sul tuo lavoro?

Il lavoro ovviamente è un punto critico un po’ per tutti i professionisti che vivono della propria professione, fatta di prestazioni, di progetti. Nel caso mio, sul fronte dei concerti ho perso tutto al momento. Per quel che riguarda invece il lavoro didattico, nel mio caso legato ai due conservatori in cui sto insegnando, stiamo tutti cercando di tamponare con la didattica online, che se sul fronte pratico è sicuramente un surrogato, sul fronte emotivo e relazionale è uno strumento di grande aiuto. È bellissimo potersi collegare e vedere le facce sorridenti dei propri allievi, fare qualche battuta e comunque lavorare. L’essere umano è estremamente adattabile.

 

-Pensi che nel prossimo futuro sarà lo stesso?

Io sono un grandissimo ottimista e chi mi conosce lo sa. Ma sono anche realista. Secondo me ne usciremo del tutto non prima di Natale prossimo. Il che vuol dire che dovremo tutti stringere la cinghia e reinventarci nei limiti del possibile. Hanno paragonato questo momento ad una guerra. Non è proprio così, se pensiamo a tante zone disastrate nel mondo, dove la guerra c’è davvero. Ma che siamo già caduti in crisi che diverrà sempre più profonda è evidente. Io spero che il governo riesca a mantenere salda la nazione, perché il rischio di insorgenza sociale c’è e si fa sempre più evidente.

 

-Come riesci a cavartela senza poter suonare?

Non poter suonare per me è come respirare male, come quando ho il raffreddore allergico e mi viene una specie di asma. In realtà suono moltissimo, ma da solo. Più che altro studio tanto la batteria che è il mio strumento e sto sperimentando alcune possibilità con l’elettronica.

 

-Vivi da solo o con qualcuno?

Vivo con la mia famiglia. Mia moglie Teresa, il mio secondogenito Gianmarco di dodici anni e il mio primogenito Francesco, disabile, carrozzato, che con un semplice raffreddore può andare in crisi respiratoria con l’esigenza dell’ossigeno terapia. Per questo sono molto preoccupato dal virus.


-E quanto ciò risulta importante?

Vivere in compagnia è sempre un esercizio di equilibrio quotidiano. Devi dar conto delle tue azioni ed essere parte attiva di una squadra. La famiglia è questo. Noi per fortuna abbiamo una casa abbastanza grande. Per cui ognuno di noi può usufruire di spazi adeguati e questo è sicuramente un grande vantaggio. A volte penso a quelle famiglie che vivono in piccoli appartamenti e credo che non sia affatto facile mantenere una convivenza serena. Io posso anche allenarmi e correre sul tappeto elettrico. Sono molto fortunato in questo momento.

 

-Pensi che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?

Credo di sì. Anzi, penso che lo stiamo già facendo. Magari non tutti con consapevolezza, ma anche le persone più superficiali in questo momento storico si stanno ponendo domande e hanno sicuramente adottato approcci nuovi o comunque in via di evoluzione. Io credo che tutta questa storia ci abbia già segnato in maniera indelebile e che avrà costi psicologici elevati nel medio e luongo termine. Ciò contribuirà a cambiare abitudini e metodologie anche nel lavoro. E non è detto che sia una cosa negativa! L’essere umano è estremamente adattabile. (l’ho già detto?)

 

-Credi che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?

Credo che la musica e le arti in generale possano darci la forza di sognare, di guardare oltre.  Vent’anni fa, mentre mio figlio lottava tra la vita e la morte, sottoponendosi a chemio e radioterapie, io e mia moglie abbiamo passato settimane, mesi fuori casa, dandoci il cambio in ospedale e vivendo in appartamenti di fortuna. In quel periodo non potevo suonare, ma continuavo a studiare, progettavo, ascoltavo musica. Il mio bisogno di bellezza mi faceva divorare musica e libri e questa bellezza mi rendeva forte, mi aiutava a concentrarmi su quello che dovevo fare per mio figlio, come un soldato. Esattamente come tutti noi, adesso, sappiamo cosa dobbiamo fare e mentre lo facciamo, possiamo nutrirci del bello che abbiamo attorno. Che è tantissimo. Dobbiamo solo avere la volontà di andarlo a scoprire.

 

-Se non la musica a cosa ci si può affidare?

C’è chi medita, chi prega. Chi ha un hobby o comunque un grosso interesse per qualcosa, in questo momento può approfittarne per studiare, approfondire. Si può fare tanta ginnastica da soli in casa e senza alcun attrezzo. Ci sono mille cose da fare. Il problema secondo me, è che molta gente non è abituata a crearsi spazi ricreativi. Mi dispiace dirlo, ma spesso mi accorgo che intorno a me ci sono tante persone che non hanno passioni, interessi forti, per l’arte, lo sport, il bricolage. È difficile per un uomo che non ha nessuna relazione con se stesso, rimanere solo con se stesso. Secondo me adesso più che mai si deve provare a focalizzare se stessi in relazione alle passioni. Non lasciarsi annichilire. So che qualcuno potrà incazzarsi per questa mia espressione, ma nonostante tutto siamo in momento di “rinascita”.

 

-Quale tuo progetto è rimasto incastrato in questa emergenza e vuoi segnalare?

Ho due dischi in corso d’opera. Uno che è diventato Omerico, lungo e articolato con tanti ospiti e un’orchestra formata da giovani talenti campani. L’orchestra si chiama “Vesuvian Jazz society” e abbiamo una pagina su facebook. Si tratta di un repertorio di brani del pop internazionale anni ottanta. Mancano ancora alcuni ospiti e poi i missaggi. Però abbiamo realizzato due video molto belli che sono sia sulla pagina che su youtube. Uno è “Calling you” tratto dalla colonna sonora del film Bagdad Cafè e cantato da Beatrice Valente, giovane contrabbassista Napoletana, con il fisarmonicista Carmine Ioanna e il trombettista Gianfranco Campagnoli come ospiti solisti. L’altro è un brano a me molto caro, “Figli delle stelle” di Alan Sorrenti, cantato dal bravissimo Daniele Blaquier, una voce dei Neri Per Caso e con ospiti il caro amico Enzo Anastasio, grandissimo altosassofonista e Maria Barbieri, una giovanissima e bravissima chitarrista Ischitana che sta per pubblicare il suo cd di esordio e nel quale ho suonato pure io.
Tra l’altro “Figli delle stelle” è arrivato alle orecchie di Alan che ci ha regalato un bel video di ringraziamento su Facebook. Poi c’ un secondo disco, praticamente finito, mancherebbe solo il mastering e l’ultimo giorno di studio l’ho effettuato due giorni prima che andasse in funzione il decreto di fermo totale. Nel frattempo qui a casa sto trafficando con un modulo elettronico per la batteria e sto pensando di realizzare una registrazione casalinga da vendere solo in versione digitale su bandcamp. Potrebbe essere pronto entro giugno.

 

-Mi racconti una tua giornata tipo?

Devo ammettere che ci stiamo tutti svegliando un poco più tardi, ma poco eh! Francesco deve prendere diversi medicinali già dalle 7.30, quindi al massimo possiamo sgarrare di venti minuti. Dopodichè mi metto la tuta, prendo le mie medicine e preparo il caffè. Faccio i letti e metto in ordine come tutti i giorni anche in tempi normali. Un po’ di ginnastica a corpo libero e corsetta sul nastro! Doccia e subito si comincia con la batteria. Studio per me o preparo i video per i miei allievi del conservatorio. Si pranza e subito dopo si ricomincia a lavorare. Teresa con le sue video lezioni e io con le mie. Casa nostra sembra un manicomio! Video lezioni finite, mi rimetto a suonare e organizzare video, sia artistici che didattici. “Ed è subito sera” (cit). Devo dire che la giornata passa in un attimo. In questo senso la mia vita non è cambiata affatto.

 

-Se avessi la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederesti?

Domandona. Secondo me questo dramma sta evidenziando quanto il federalismo tanto decantato e voluto da alcuni, non abbia funzionato, creando vuoti e malfunzionamenti istituzionali a tutti i livelli ma soprattutto nella sanità, depauperata e portata a livelli minimi, tanto che oggi ne stiamo pagando le conseguenze, con ospedali che vanno in crisi non appena si supera di poco il surplus di richieste di ricovero. Questo è senz’altro uno dei punti focali su cui rimettersi a lavora nel futuro a brevissimo termine. Poi abbiamo un welfare inefficace se non inesistente e verranno fuori parecchie magagne a livello sociale, perché chi riusciva ancora ancora a galleggiare, oggi, dopo solo un mese di chiusura totale, comincia ad avvertire il colpo. Secondo me è su questi punti che dovrebbe davvero cominciare a lavorare il governo.

 

-Hai qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?

Come sai scrivo tanto su facebook, e spesso ho raccontato le mie esperienze con Francesco che mi hanno segnato, mi hanno cambiato, mi hanno migliorato. Lo faccio per non dimenticare chi sono e anche chi sono stato, ma a volte mi percepisco visto dal di fuori, come uno che “sa sempre come fare” e che vorrebbe spiegare agli altri come comportarsi. E mi rendo conto che forse ai più, questa immagine non sia molto simpatica. In realtà noto che molte persone si lamentano moltissimo ma senza mai fare quel passo decisivo verso un vero cambiamento. Va detto che noi tutti siamo strutturati delle esperienze che viviamo e dal modo in cui le viviamo e approcciamo gli avvenimenti. Per cui, risponderò dicendo che quando Francesco è entrato nella sua prima sala di rianimazione, dopo aver subito un intervento al cervello di circa dieci ore, mi sono chiesto una sola volta “perché a me?” capendo subito che l’autocommiserazione non avrebbe avuto alcuna utilità se non farmi stare male.
Io invece dovevo stare bene, fisicamente e psicologicamente, perché dovevo contribuire col mio misero apporto, a salvare mio figlio.
Facciamo tutti la nostra piccola parte serenamente. Rimaniamo a casa. Passerà.

 

Il Jazz ai tempi del Coronavirus le nostre interviste… in Sicilia: Stefano Maltese, sassofonista

Intervista raccolta da Gerlando Gatto

Stefano Maltese, sassofonista, con Gerlando Gatto

-Come sta vivendo queste giornate?
“Trascorro il tempo suonando, scrivendo musica, leggendo, studiando. Da questo punto di vista per me non è cambiato molto. Allo stesso tempo cerco di comprendere quello che sta accadendo e i pensieri sono molto contrastanti. In questo maltrattato pianeta la maggior parte dei governanti – indotti da coloro che controllano l’economia – ha sempre preferito rafforzare il proprio potere investendo ingentissime somme in armamenti e guerre e sviluppando nel corso del tempo una sopraffina capacità di manipolare le masse e indurle a seguire stili di vita che sempre più allontanano gli esseri umani dal vivere in armonia con sé stessi, con la natura e con i propri simili. Avviene così che un microscopico organismo – un virus – nel volgere di breve tempo riesca a stravolgere l’esistenza degli abitanti di questo mondo. Abbiamo aerei da guerra che si rendono invisibili, navi portaerei che possono colpire da enormi distanze, missili telecomandati che possono colpire obiettivi con assoluta precisione, ma non abbiamo ospedali attrezzati per situazioni come quella che stiamo vivendo; abbiamo telefonini dalle funzioni fino a qualche tempo fa inimmaginabili e sulle nostre teste satelliti di ogni genere per poter essere sempre connessi ma non possiamo fermare una pandemia. Si è costretti alla reclusione – con tutti i rischi che potrebbero esserci di qualsiasi espansione autoritaria – ma non si è in grado di capire qual è la situazione reale”.

-Come ha influito tutto ciò sul suo lavoro? Pensa che in futuro sarà lo stesso?
“Ovviamente sono stati annullati concerti e tutte le proposte sono congelate, probabilmente disperse in questo mare di incertezze. Inoltre, saltano a data da destinarsi due rassegne di cui sono direttore artistico, “Labirinti Sonori” e una nuova rassegna prevista per l’inizio dell’estate, e altre due rassegne di cui sono collaboratore. Credo che occorrerà molto tempo prima che si possa ricominciare a lavorare come prima e probabilmente bisognerà organizzarsi in modi differenti”.

-Come riesce a sbarcare il lunario?
“Per il momento non ho difficoltà di questo genere, e spero che lo stato di inattività non si prolunghi troppo”.

-Vive da solo o con qualcuno? E quanto ciò risulta importante?
“Vivo con la mia compagna, Roberta Maci, come è noto anche lei musicista, il che aggiunge un punto di forza al legame affettivo, poiché ogni giorno condividiamo ascolti, suoniamo insieme, progettiamo le nostre attività e così via”.

-Pensa che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?
“Io sono stato sempre abbastanza solitario, conosco la forza interiore che possono dare l’introspezione e la riflessione – nonché le buone letture e l’ascolto di buona musica –, quindi mi auguro che questo triste periodo possa comunque essere colto come un momento di rinascita, che possa far prendere coscienza della necessità di rallentare i ritmi della vita, di prendersi maggior cura di sé stessi e di ciò che ci circonda, capire che lo sfrenato consumismo porta alla distruzione di qualsiasi valore umano ed etico, nonché alla devastazione del pianeta. Questa pandemia, anche se molto dolorosa per i molti che si sono ammalati e per i deceduti, dovrebbe veramente essere un monito, un ulteriore segnale per far riflettere l’Umanità, anche se non nutro molte speranze, in merito. Se pensiamo che ogni giorno muoiono per fame circa 24.000 persone, che oltre due miliardi e mezzo di persone vivono con circa due dollari al giorno e che situazioni catastrofiche di questo genere sono in atto da tempo immemorabile in varie parti del pianeta, senza che la parte di mondo benestante, quella che oggi è più colpita dal Coronavirus, abbia mai veramente cercato di risolvere il problema, non è facile essere ottimisti. Bisognerebbe sanare certe diseguaglianze sociali, bisognerebbe riscoprire il valore di una vita più semplice e ricca di soddisfazioni culturali: ma temo che la maggioranza sia troppo pigra per compiere la più grande rivoluzione che si possa mai attuare, appunto quella culturale”.

-Crede che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?
“La musica è una delle più grandi forze dell’universo e certamente può contribuire in modo determinante per avere consapevolezza, per lo sviluppo delle capacità cerebrali, per sviluppare maggiore sensibilità, per risvegliare sentimenti umani. Nella scena finale di “Orizzonti di gloria”, il capolavoro di Stanley Kubrick, una ragazza tedesca viene costretta a cantare in un bar di fronte a soldati francesi in procinto di ritornare al fronte: questi iniziano a sbeffeggiarla in quanto appartenente alla nazione nemica. La ragazza, con il volto segnato da lacrime silenziose, incomincia a cantare una canzone nella sua lingua, sola, senza alcuno strumento, e i militari pian piano smettono di insultarla e rimangono in impietrito silenzio, poi sommessamente si uniscono al canto della ragazza – senza parole, perché non le conoscono – e i loro occhi diventano umidi e piangono insieme a lei. Non ci sono più nemici, solo essere umani accomunati dal terribile dolore della guerra e dall’impossibilità di comprendere perché tutto ciò sta accadendo. Ecco la forza della musica, potente, che annulla le barriere e diventa il più alto livello di comunicazione e fratellanza”.

-Se non la musica a cosa ci si può affidare?
“Come dicevo prima, bisogna affidarsi alle buone letture, riconsiderare gli stili di vita, interrogarsi, cercare di capire come affrontare il futuro”.

-Quanto c’è di retorica in questi continui richiami all’unità?
“Di solito non guardo la televisione, adesso lo faccio quel poco che serve per informarmi sulla situazione, quindi non so molto di richiami all’unità, ma in quel po’ che ho sentito la retorica è veramente tanta, e poi non capisco: unità per cosa? Sono assolutamente allergico a questi luoghi comuni”.

-È soddisfatto di come si stanno muovendo i vari organismi di rappresentanza?
“Non saprei, non seguo ciò che accade in tal senso, ho una certa riluttanza verso aggregazioni di questo genere, troppo spesso ho visto che servono al beneficio di pochi. Credo che manchi qualcosa che possa far sentire i musicisti come parte di un unico organismo culturale, e a mio avviso questo dovrebbe essere il primo obiettivo da raggiungere, altrimenti le esigenze e le aspettative saranno sempre troppo differenti all’interno della stessa categoria, se così posso definirla”.

-Se avesse la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederebbe?
“Ma io non vorrei mai essere ricevuto da nessun esponente di questo governo! Tranne rari e isolati casi, sono più di vent’anni che il Paese è stato portato verso una deriva culturale che ne ha segnato in modo devastante il declino. Insisto sull’importanza della vita culturale perché da ciò dipende la possibilità di progettare un serio programma per lo sviluppo della società, perché se regna l’ignoranza allora nascono corruzione, diseguaglianze sociali, sopraffazione, povertà e crimine, e non potrà mai esservi un vero sviluppo sociale. Certo, se questo governo non affronta subito il problema immediato di una crisi economica più che incombente non so quali scenari potranno prospettarsi. E qui tornano i dubbi: in questi ultimi 15-20 anni una serie di crisi economiche ha portato la gente a essere sempre più sfiduciata e sempre meno interessata all’arte, più propensa a cambiare telefonino due volte all’anno piuttosto che andare a concerti, mostre e altro”.

-Hai qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?
“Suggerirei di cercare qualcosa che non si conosce o si conosce poco, la curiosità può ripagarci piacevolmente, a volte. Detto questo potrei suggerire qualcosa: “November Steps” e “A Flock Descends Into The Pentagonal Garden”, di Toru Takemitsu; “Pres and Teddy” e “Cool Riffs” di Lester Young; Bach, “The Well-Tempered Clavier Complete” by Glenn Gould; “Mingus Oh Yeah” e “Mingus Pre Bird”, di Charles Mingus; “Black Brown and Beige” di Duke Ellington; “The Inflated Tear” e “I talk with the Spirits”, di Roland Kirk; “Bring ‘Em In”, di Buddy Guy; “Rubber Soul” e “The White Album”, dei Beatles, “The Complete Decca Recordings” e “Lady In Satin”, di Billie Holiday. Mi fermo qui, perché di buona musica ce n’è veramente tanta, basta cercare”.

Gerlando Gatto

Il Jazz ai tempi del Coronavirus le nostre interviste… in Sicilia: Francesco Branciamore, batterista, pianista

Intervista raccolta da Gerlando Gatto

Francesco Branciamore – Batterista, pianista

-Come sta vivendo queste giornate?
“Sicuramente mordendo il freno in attesa che qualcuno ci dia una data definitiva per ritornare al fluire normale pur con le dovute precauzioni”.

-Come ha influito tutto ciò sul suo lavoro; pensa che in futuro sarà lo stesso?
“Intanto l’annullamento di alcune date per l’emergenza ha influito sull’umore musicale. Preparare un concerto richiede un dispendio d’energie non indifferente, come nel mio caso per il piano solo. Se ne esce continuando a rinforzare la vis creativa con nuove composizioni e a prepararsi ancora meglio al primo concerto utile che faremo. Il futuro spero sia migliore di questo che stiamo vivendo noi musicisti e jazzisti in modo particolare, che abbiamo sempre suonato senza paracadute di alcun tipo. Quindi prevedo concerti con meno gente, anche per grosse star, perché le sale da concerto saranno rimodulate per garantire la distanza di sicurezza, magari faranno due turni nello stesso giorno per artista, per permettere a tutti di gustare la performance”.

-Come riesce a sbarcare il lunario?  
“Sono concertista e docente di composizione jazz al conservatorio di Vibo Valentia, in stato di stabilizzazione, con cattedra annuale”.

-Vive da solo o con qualcuno? E quanto ciò risulta importante?
“La mia famiglia è un piccolo nucleo familiare, siamo 3 persone. Io, mia moglie, docente di Storia dell’Arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di  e mio figlio ventenne prossimo alla maturità al liceo scientifico. Diciamo che per adesso lo status di sopportazione reciproco è buono. Forse perché ognuno ha un suo spazio vitale  annullarsi e rigenerarsi. Comunque una bella esperienza. Cerchiamo di animarci l’un l’altro inventandoci ruoli per stupirci reciprocamente e quale miglior modo se non cimentarsi a turno in cucina?  A parte qualche lieve malessere allo stomaco, specialmente quando sono io ai fornelli, il resto è condivisibile”.

-Pensa che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?
“Direi che saremo più selettivi. Perché continuare ad abbracciare gente che è stata lontana da noi in un momento in cui il contatto, anche se virtuale, poteva accendere entusiasmo e spegnere ansie? Direi pochi ma buoni, come le note in musica, Miles Davis docet”.

-Crede che la musica possa dare la forza per superare questo terribile momento?
“La musica è un grande antidoto universale, sia per chi la fa che per chi l’ascolta. Me ne accorgo con i miei studenti, con cui sono in contatto giornalmente. Non li ho mai visti lavorare così tanto e sentirli così vicino. Vogliono sicurezze e abbracciando la musica in toto riescono ad avere quella leggerezza positiva che permette loro di superare questo difficile momento”.

-Se non la musica a cosa ci si può affidare?
“Ognuno ha un suo angolo di fede e la cerca dove è abituato a cercarla”.

-Quanto c’è di retorica in questi continui richiami all’unità?
“Beh, si stanno muovendo tutti verso un over exposition per mettersi in luce per raccogliere fondi. Mi riferisco agli artisti di musica pop in genere e non solo, a cui va riconosciuto il merito. Ma quelli famosissimi, tipo le regine e i re dello show business con lauti guadagni di diritti d’autore e con conti in banca sostanziosi, potevano far a meno di fare il siparietto mediatico e invece fare di tasca propria una donazione alla protezione civile. Il jazz non ha di questi leoni in Italia, se non davvero pochi”.

-E’ soddisfatto di come si stanno muovendo i vari organismi di rappresentanza?
“Oggi la Siae manda a tutti i soci un invito a corrispondere un buono spesa agli artisti bisognosi. La NuovoImaie ha organizzato un fondo già attivo per emergenza Coronavirus per dare un contributo a tutti coloro che hanno avuto date annullate da aprile a giugno, ben fatto quindi. Il MIDJ e altre istituzioni jazz  so che si sono mosse in tal senso, ma hanno solo chiesto  per adesso, si attende che venga recepito dagli organi istituzionali”.

-Se avesse la possibilità di essere ricevuto dal Governo, cosa chiederebbe?
“Maggior tutela per la nostra categoria di musicisti, una maggiore considerazione per il ruolo sociale che la musica e l’arte in genere hanno e una maggiore visibilità mediatica di tutti i protagonisti del  mondo del jazz per la raccolta di fondi per l’emergenza, noi non siamo da meno degli altri, lo abbiamo dimostrato nel triennio di raccolta fondi per l’Aquila nel context “Il jazz per le terre del sisma”.

-Hai qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?
https://vimeo.com/145825359 – The Ballad of Fred Hersch”.

Gerlando Gatto

Il Jazz ai tempi del Coronavirus le nostre interviste… in Sicilia: Rosalba Bentivoglio, vocalist

Intervista raccolta da Gerlando Gatto

Rosalba Bentivoglio, vocalist

-Come stai vivendo queste giornate?
“La necessità di seguire le linee guida dettate dal governo e dal buonsenso fanno da filo conduttore nelle mie giornate e non ti nascondo che la drammaticità del momento la vivo ogni giorno pensando ai miei cari (figlio, nipoti e madre la quale si trova ricoverata in un centro per anziani) poi penso a tutta la comunità, a tutti gli italiani che in questo momento come me soffrono ma devono soffocare i sentimenti familiari e dare ascolto all’intelletto, al raziocinio”.

-Come ha influito sul tuo lavoro; pensi che in futuro sarà lo stesso?
“Certo lo stato attuale ha influito e continua ad influire sul mio lavoro, così come credo sul lavoro di tutti gli artisti, musicisti e non, basti solo pensare che i concerti annullati sono tanti anche perché questa emergenza cade in un momento dell’anno in cui si concretizzano tante nostre presenze sui palchi di tutto il territorio nazionale ed anche europeo. Ma su questo vorrei dire che queste giornate di forzata reclusione in casa ci stanno permettendo di rallentare i tempi sia di lavoro che di pensiero in generale creando, o meglio generando, una forza introspettiva maggiore. Ciò porterà immancabilmente ad una crescita interiore più consapevole e profonda e di tutto ciò avremo la tangibilità in un futuro prossimo e, come ciò che accade dopo grandi eventi disastrosi che inevitabilmente portano indietro le lancette dell’orologio sociale e umano, arriverà un momento di primavera interiore che verrà (come già accade) percepito nelle composizioni musicali che scriveremo con animo diverso”.

-Come riesci a sbarcare il lunario?

“Attualmente sono titolare di cattedra di canto jazz presso il conservatorio A. Corelli di Messina, quindi a differenza di tanti altri colleghi musicisti credo di potermi reputare fortunata, almeno per la mia sopravvivenza fisica. Ma la mia attività artistica ne risente: le collaborazioni, i progetti in fase di realizzazione ed altro non vedranno la luce a breve termine. Tutto ciò è gravissimo per un artista”.

-Vivi da sola o con qualcuno? E quanto ciò risulta importante?
“Anche in questo caso visto la reclusione forzata sono stata fortunata, condivido questo periodo (ma già tutta la vita) con il mio compagno Enrico il quale non mi fa mancare l’affetto, le attenzioni e una profonda e proficua collaborazione. Abbiamo un figlio anch’egli musicista (suona meravigliosamente il sax soprano) e inoltre ci “affolliamo” la famiglia con due bellissimi nipotini. Purtroppo in questo periodo, ovviamente, non possiamo frequentarci ma ci colleghiamo ogni giorno su WhatsApp o su Skype per sentirci vicini”.

-Pensi che questo momento di forzato isolamento ci indurrà a considerare i rapporti umani e professionali sotto una luce diversa?
“Sì, credo che in questo specifico momento storico di sofferenza umana in cui tutto dovrebbe essere condiviso e in cui l’individuo non viene visto solo come “individuo” ma così come il macrocosmo ingloba il microcosmo riusciremo ad avere una maggiore visione dell’uomo nella sua interiorità e integrità universale. La nostra stessa sorte (ma non solo per questo singolo evento) è posta in uno dei periodi più difficili della storia del mondo; un periodo caratterizzato da profondi sconvolgimenti, dalla rottura di vecchi metodi, legami e rapporti anche e soprattutto con la terra, dal delinearsi all’orizzonte della distruzione di una civiltà. Una visione del dopo ci viene fornita e la troviamo attuale nella letteratura anche in quella greca antica ma soprattutto in un testo scritto nel finire dell’ottocento da H.G.Wells scrittore inglese che ha scritto, tra le altre opere: “La guerra dei mondi” . Scritta nel 1898, l’opera narra di un tempo in cui la terra viene attaccata e invasa da forze aliene, noi terrestri ci difendiamo con cannoni, navi, aerei etc. e mettendo in campo tutte le nostre forze militari, ma veniamo sottomessi dagli alieni che sono in possesso di armi di distruzione più avanzate e a noi sconosciute. Dobbiamo solo ribaltare i piani di visione, come in uno specchio, ed ecco che tutto cambia: «Noi “umani” abbiamo attaccato la terra, e finiamo con… un “semplice raffreddore” che ci stermina tutti, così come nella guerra dei mondi gli alieni verranno sconfitti da un “semplice raffreddore” a cui loro non erano immunizzati, e i terrestri vincono la guerra aiutati dalla “terra”». Credo che questo periodo di transizione contenga in sé le più grandi promesse che il mondo abbia mai veduto, e non bisogna disperarsi ma essere profondamente ottimisti. Le strutture del pensiero religioso e filosofico sembrano sul punto di modificarsi, ma non sappiamo ancora come. Se la distruzione avviene, è soltanto perché la vita possa evolvere. Nel processo cosmico ognuno ha la propria minuscola parte da compiere”.

-Credi che la musica possa dare forza per superare questo terribile momento?
“Sì sono certa e credo che la musica ne uscirà più forte e più insostituibile che mai, anzi il linguaggio musicale sarà veicolo di vita essendo stata essa stessa “incipit di vita” con l’universo. A questo proposito voglio citare: «esisteva Eru, l’uno, chiamato Iluvatar che creò per primi gli Ainur, i santi scaturiti dal suo pensiero ed erano con lui prima che ogni altro fosse creato. Ed egli parlò loro, proponendo temi musicali; ed essi cantarono al suo cospetto ed egli ne fu lieto […] ciascuno di essi penetrava quella parte della mente di Iluvatar da cui proveniva. Ma già solo ascoltando si perveniva ad una comprensione più profonda e s’accresceva l’unisono e l’armonia. E all’improvviso gli Ainur (santi, scaturiti dal pensiero dell’uno indivisibile Iluvatar ) scorsero una remota luce, quasi una nuvola con un vivente cuore di fiamma; e seppero che non era soltanto visione, ma che Iluvatar aveva “creato con il loro canto” una nuova cosa: “Ea”, “il mondo che è“ ». [dal Silmarillion di J.R.R.Tolkien ]. Il suono del cristallo stabilizza, amplifica e trasmette il tono puro. Le campane di cristallo emettono una purissima nota dominante, creando un campo vibrazionale armonico che entra in risonanza con il corpo, queste vibrazioni esprimono la più alta armonia e purezza del suono. Nell’universo tutto è energia in vibrazione, anche il corpo umano ed ogni suo organo risponde ad una risonanza. La voce è lo strumento magico per eccellenza e la base è il canto degli armonici studiati nell’antichità dal matematico musicista e filosofo Pitagora che troviamo nella sua pitagorica musica delle sfere, ed è il cosiddetto canto degli armonici, conosciuto anche come canto degli angeli e che oggi con espressione americana è detto overtones. La riscoperta attuale di questa antica tecnica consente di aumentare come una canopia l’effetto del suono. La voce si moltiplica allora in due o tre note contemporanee che agiscono con lentezza su diversi livelli psicofisici, tecnica che io applico nei miei concerti. La vocalizzazione funziona da massaggio psichico e consente di ritrovare l’armonia della propria identità vocale, smarrita nello stress, nel rumore, nello squilibrio del corpo e della mente. Si può riscoprire così il silenzio (tanto trattato e divulgato dal monaco tibetano Thích Nhất Hạnh con il “dono del silenzio”) troppo spesso dimenticato perché lo riempiamo di pensieri negativi e parole inutili, brutta musica, rumore. Invece è il “suono della meditazione”, la voce del futuro: sembra vuoto, ma è pieno di “fantasia e creatività” “.

-Se non la musica a cosa ci si può affidare
“Certo che per me la musica è fondamentale diciamo che è una necessità di vita e «tra le righe di ogni mia composizione c’è sempre l’espressione jazz, da me mediata fino al punto da utilizzare il jazz come nutrimento della mia cultura mediterranea ed europea». Comunque la mia passione per la pittura a olio è riuscita ad appassionarmi al punto tale che spesso mi ritrovo a dipingere in tutti i ritagli di tempo possibili che la musica mi lascia. Ho già organizzato diverse mostre personali sia in
Italia che in Europa e comincio ad essere sempre più apprezzata e questo mi fa stare bene. In questo periodo di quarantena forzata non posso incontrarmi con i miei musicisti con i quali abbiamo lasciato progetti in sospeso e approfitto di tutto questo per comporre e suonare da sola, certo prima viene l’insegnamento, svolgo on line le mie lezioni di canto jazz (detengo, come già detto, la cattedra e fino a ieri sono stata la coordinatrice del dipartimento jazz nel conservatorio A. Corelli di Messina), e debbo dire che gli allievi mi seguono. L’altro mio grande interesse è la lettura con la poesia in primo piano seguita dalla filosofia, e anche se durante la giornata lavorativa non ho spazio da dedicarle, la sera a letto prima di dormire leggo sempre almeno mezz’ora”.

-Quanto c’è di retorica in questi continui richiami all’unità?
“Platone la chiamava psicagogia (formazione degli animi per mezzo della parola). Oggi più che mai credo che il governo italiano, e l’opposizione  parlamentare di estrema destra (come oramai  quest’ultima si è qualificata venendo allo scoperto) facciano riferimento alla retorica sull’unità nazionale ognuno a proprio vantaggio; il governo cerca di tenere compatta la nazione in un momento di grave crisi sanitaria, ideologica e socio-economica mentre l’opposizione di destra fa sì richiami all’unità ma con chiaro riferimento  al popolo specificatamente  solo di alcune regioni italiane”.

-Sei soddisfatta di come si stanno muovendo i vostri organismi di rappresentanza?
“Se per rappresentanza intendiamo ciò che stanno facendo i sindacati per noi artisti, sinceramente direi di sì, ad esempio il nostro sindacato abc con a capo Giancarlo Iacomini segue con molta attenzione tutti gli iter burocratici e legislativi  legati alla nostra figura professionale soprattutto (ma non solo) per l’insegnamento, addirittura creando tavoli di lavoro con il ministero suggerendo soluzioni  per meglio collocare i musicisti nel mondo del lavoro, soprattutto come insegnanti nelle scuole di ogni ordine e grado compresi conservatori e università. Abbiamo un canale on line in cui veniamo informati in tempo reale e aiutati se necessario negli iter da seguire. Esiste anche un gruppo di lavoro denominato MIdJ (Musicisti Italiani di Jazz) che sotto la guida di Paolo Fresu, Ada Montellanico e oggi Simone Graziano, è nato qualche anno fa con l’intento di creare un circuito musicale per i jazzisti ed ha concretizzato anche altre iniziative molto importanti, presente con i referenti (di cui anche io ho fatto parte per la Sicilia) in quasi tutto il territorio nazionale”.

Se avessi la possibilità di essere ricevuta dal governo, cosa chiederesti?
“In questo momento drammatico sento forte il problema sanitario, quindi di attenzionare la sanità pubblica ri-statalizzarla, togliendola dalle mani delle regioni, tutte. Riportare al primo posto cultura e ricerca e quando parlo di cultura parlo di scuole, dalle elementari alle università, conservatori e accademie comprese, la musica in tutte le sue forme di rappresentazione e organizzazione, teatro, editoria, biblioteche, musei, ripristinare la storia dell’arte come materia fondamentale in un Paese come l’Italia che vive di arte. Affrontare e risolvere il conflitto di interessi grande quanto una montagna, di un imprenditore italiano proprietario di giornali e TV che egemonizza la comunicazione di massa. Oramai in nessun canale televisivo troviamo informazioni chiare e neutrali senza l’intervento di manipolazione per interessi di parte”.

-Hai qualche particolare suggerimento di ascolto per chi ci legge in questo momento?
“Sì, subito ti dico: gli Azimuth con il disco “Départ” con una grandissima Norma Winstone alla voce, (divina, sensibile e intramontabile Norma), al piano, Kenny Wheeler alla tromba e ospite Ralph Towner, chitarra. Poi “Kind of Blue” di Miles Davis, pietra miliare di questo grande trombettista che ha saputo incarnare il jazz nella sua accezione più assoluta e in questo disco si è avvalso della collaborazione di John Coltrane, Bill Evans, Wynton Kelly, Paul Chambers, Jimmy Cobb.  Altro artista importante per cultura musicale e voce è il grande cantante e scrittore di testi Kurt Elling anche lui dell’area newyorchese come Jazzmeia Horn che invece trova ispirazione in un jazz più Hard nel suo “Love and Liberation” e per finire la più innovativa e poetica Gretchen Parlato nel suo “Live in NYC”. Buon ascolto”.

Gerlando Gatto